Giovani e letteratura

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Io, voi e altri animali — Anna Muzzana
L'articolo è tratto da <<MilanoSud>> di ottobre 2010


Pietro Genni, a destra, e Carlo Emilio Gadda (1893 - 1973) sul set de "Un maledetto imbroglio” tratto dal romanzo “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” scritto dal grande scrit­tore milanese.


I giovani d'oggi, a differenza dei loro fratelli maggiori e dei loro padri, hanno con la letteratura un rapporto piuttosto superficiale e molti studenti conoscono solo quelle opere che la scuola propone come indispensabili. Nonostante l'immensa fioritura del romanzo un giovane affronta l'esame di maturità conoscendo soltanto Manzoni, Verga e qualche pagina di Svevo. Autori di straordinario livello, da Tozzi a Gadda, sono del tutto ignorati. E' finito il tempo in cui la letteratura permeava di sé il processo formativo, accendendo entusiasmi che duravano un'intera esistenza.


Il distacco dei giovani dal mondo delle lettere è maturato in questi anni ed è direttamente proporzionale all'invadenza del mezzo televisivo, del computer e, paradossalmente, all'accresciuto tenore di vita. Certo esistono ancora ragazzi dotati di straordinaria sensibilità, che riescono a gestire profondamente le opere lette, vivendole come momenti integranti della loro esperienza di vita, ma la letteratura è sempre meno oggetto di discussione, di polemica, di confronto. La televisione, offrendo un divertimento immediato e facile, rende faticosa la lettura che invece sa offrire soddisfazioni intellettuali ed umane ben più profonde. Il giovane appare così sempre più frastornato da un numero incredibile di trasmissioni, senza mai concedersi un momento di riflessione, di ripensa-mento interiore. Si finisce così per vivere all'insegna dell'effimero, accettando modelli comportamentali standardizzati, esprimendosi in un linguaggio massificato che poco concede alle prerogative dell'individuo.


La fantasia è stata pianificata, le esigenze di uno sono diventate le esigenze di tutti; il linguaggio tocca punte di monotono squallore e sembra che i giovani abbiano appreso da un persuasore occulto le stesse battute. Purtroppo, se per alcune famiglie la crescita economica è aumentata, essa non si è tradotta in una più evidente domanda di cultura. Bisogni più o meno fasulli hanno assorbito rapidamente le nuove risorse disponibili. Si coltiva soprattutto l'immagine, mentre la letteratura si muove in una direzione diametralmente opposta: non ci permette di migliorare l'immagine, ma le doti di sensibilità, fantasia, razionalità. La letteratura è grande perché cresce sul terreno della libertà e sempre travalica la dimensione puramente economica.


Ciò che affascina in un grande libro è il fatto che non ci viene chiesto nulla se non l'impegno di capire. «I libri più utili sono quelli dove i lettori fanno essi stessi la metà del lavoro: penetrano i pensieri che vengono presentati loro in germe, correggono ciò che appare loro difettoso, rafforzano con le proprie. riflessioni ciò che appare loro debole». Così Voltaire ci trasmette il senso tra lettore e libro.


 


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