Le cascine si salvano col bed & breakfast

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Nei vari insediamenti, studi professionali, musei, agricoltura biologica e turismo
L'articolo, tratto da QN del 7 gennaio 2011, è di LUCA ZORLONI


ERANO FIENILI imbionditi dal raccolto estivo, stalle fumanti in inverno, aie animate dalle voci dei braccianti; erano le cascine, per secoli il traino della produttività lombarda, di cui oggi non rimane che un pallido spettro. Ma un progetto promette di cambiare le carte in tavola. Torneranno a essere protagoniste dell'economia regionale. E in poco tempo. «100 Cascine per l'Expo», questo il nome dell'iniziativa, punta a rimetterle in moto entro il 2015, convertendo spazi agricoli sotto utilizzati o abbandonati a nuove funzioni più redditizie, dallo studio professionale all'agricoltura biologica, dal bed and breakfast al museo locale.

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AL DI LÀ DEL SAPORE nostalgico del ritorno alla terra avita, l'operazione si basa su una considerazione strategica, e cioè che la Lombardia, più di ogni altra regione d'Italia, vive sulle cascine. A cominciare dalla varietà di tipologie architettoniche, un catalogo di stili e soluzioni costruttive tra le più disparate: la cremonese, diversa da quella milanese e dalla bresciana. Da quelle piccole di montagna, a quelle più grandi della pianura, vere e proprie "cattedrali" risultato di stratificazioni secolari, alle dimore gentilizie dai nomi altisonanti.
Sono 90.000 gli insediamenti agricoli censiti in Lombardia e sulle loro spalle grava il mantenimento del 75 per cento del territorio. Numeri record, a cui fanno da contraltare, ma al ribasso, quelli sulla produttività: corti e casali impiegano appena il 2 per cento della popolazione e fruttano solo 1'1,6 per cento del Pii. «Ma hanno un potenziale economico da risvegliare e che rimarrà in eredità alla regione anche oltre il traguardo del 21015», spiega Alessandro Belgiojoso, fondatore e promotore di «100 Cascine per l'Expo».

 


PER LUI D'ALTRONDE, nato e cresciuto nelle proprietà agricole di famiglie nel Varesotto, immaginarsi la Lombardia del futuro in mezzo ai campi è stato naturale. E questo nonostante le pessime condizioni in cui oggi versa la gran parte dei casali lombardi: ridotti a ruderi quelli rimasti in pie-di, altri abbattuti per fare largo a palazzoni e centri commerciali; i pochi ancora abitati, vivacchiano su un'agricoltura di sussistenza. «Erano strutture pensate per accogliere 50-100 persone, oggi a malapena ci abita una famiglia — commenta Belgiojoso —. Tutti quegli spazi abbandonati però, non bisogna buttarli via. Basta capire in che contesto si trovano, a quale funzione possono essere convertiti e, a quel punto, procedere con il recupero, studiando un progetto adeguato».


IL SUO COMITATO mira proprio a questo: dare appoggio a imprenditori coraggiosi che vogliano tornare alla terra, sostenere il loro progetto presso il mondo politico e finanziario, agevolare l'attrazione di credito e mettere in rete le esperienze. Sono 101 le cascine che hanno già dato la loro adesione: alcune già attive (una ventina circa), le altre invece stanno buttando giù idee per ripartire.