Antiche mura, chiese e reperti nelle cantine degli showroom

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In via Montenapoleone sulle tracce di Roma
Il maestro-archeologo: qui i bastioni di Massimiano
L’articolo è di Andrea Galli ed è tratto dal «Corriere della Sera» del 30 dicembre 2011

Più che un maestro, un condottiero. Infatti questa non sarà una lezione: è un'incursione. Che comincia travolgendo le apparenze. Edgardo Fusi, 66 anni, ha insegnato alle elementari. Un amore grande, forse sotto sotto una copertura: è archeologo dentro, e portava i bimbi in gita nella geografia della Milano antica. Circo, colonnati, terme. Fusi arriva dal Lorenteggio abbigliato da montagna. Scarponi, berretto, giacca a vento da bufera. Ha pure la barba bianca del vecchio alpino. Ma qui non si scala. Ci si immerge. Irrompe nei negozi del lusso, disorienta possenti guardie, ipnotizza loquaci direttori di negozio, stordisce scultoree commesse. Fissa, ridacchia, saltella. La missione l'ha tarantolato. Lasciateci passare, debbo mostrare il tesoro di via Montenapoleone, dobbiamo scendere. Puntiamo i resti romani nelle cantine dei civici dispari.

Su questo lato sorgevano le mura volute dall'imperatore Massimiano. Era la fine del 200 quando, ha scritto Giovanni Cavallotti in «Storie di Milano» (Arnoldo Mondadori editore), il commercio attirava «mercatores» da ogni parte: «Il pellettiere Alcinio, ravennate, il mercante di lane Cluvio, pugliese, il pellicciaio Giulio, macedone». Insomma «i milanesi de Milan dovevano essere già allora in minoranza».

Ancora un po' e il curdo Niyazi Guidali, 43 anni, parlerà dialetto. Anzi, latino. Custode d'un palazzo, Fusi l'ha preso prigioniero. E diventato suo allievo. Niyazi ci racconta di altri scantinati, tunnel, scoperte. Ci spedisce nello stretto passaggio all'altezza del civico 25. Una parete sopravvissuta. La chiesa di San Donnino alla Mazza. Un attimo: è medievale, dice la targa; non ci imbrogli. «L'hanno costruita nel Medioevo sopra le mura di Massimiano».
Che luogo, Montenapo. Dice la signora Claudia Buccellati, gioielliera, padrona di casa, che «Milano è una bella signora da scoprire. Questa via, la guardi: dove c'è l'asfalto, c'era un fosso. Oltre il fosso era campagna. Capisce?». Non se ne esce. Oramai siamo dentro la storia: l'oggi viene rimandato a ieri. Sfreccia un macchinone. E il custode si lamenta. «Un brutto vizio. Prenda la vicina via Bigli. Le carrozze facevano gare». Le carrozze, Niyazi? «Gli angoli dei palazzi erano smussati, quelle toccavano dentro». Tanto che nel 1700 l'arciduca Ferdinando d'Austria promulgò una grida contro «d'abuso di correre impetuosamente». Certo, il 1700, periodo interessante, però, incalza Fusi, torniamo alle origini, ai romani. La parentesi temporale va chiusa. Si riparte.

Scalinate, labirinti di cantine da Fusi mai perlustrate («Quanti ancora gli angoli da scoprire? Tanti, e certi proprietari lo ignorano»); pareti accarezzate, palpate, tastate. Riflessione. Sentenza: «Sììì! Sono romane. Meraviglia». Gode, lui. Va in apnea. Così si torna in superficie. A prender fiato. Non cambia niente. «Lo vede Yves Saint Laurent? Mi segua. Resti romani nel camerino delle commesse». Ah, i negozi. Sul finire del 200 «s'erano moltiplicate le botteghe degli artigiani: i fabbri, gli aerarii, metallurgici, i centonari, fabbricanti di panni».
Il nostro ha bisogno d'un caffè d'orzo. Finiamo al bar di Armani. Fusi toglie il berretto. Confessa: «Gli amici pensano che venga per vedere i vestiti in vetrina. Ma se io li prendo al mercato... Non sanno». Sapessero. Nella via del lusso il maestro diventa, o finalmente torna, archeologo. E Montenapo è tutta un'altra Milano.