Radici-record per costruire argini e scarpate

Versione stampabileSegnala a un amico

Lunghe sei metri, sono quelle della pianta vetiver. Un piano europeo per l'utilizzo in interventi ambientali. Dal "Corriere della Sera" del 27.05.99, questo articolo, di Massimo Spampani, parla dell'apertura a Pavia di un impianto sperimentale della graminacea.

Radici resistenti come l'acciaio e profonde fino a sei metri. Una pianta erbacea, conosciuta fin dall'antichità, originaria dell'India, è stata introdotta sperimentalmente per la prima volta in Europa. Si è rivelata molto efficace per difendere i terreni dall'erosione. Ancorandosi con fermezza e comportandosi come un filtro vegetale, consolida il suolo e rallenta il deflusso dell'acqua piovana e dei detriti trasportati dalla corrente.
Si tratta di una graminacea perenne,che può raggiungere anche i tre metri di altezza, il vetiver (Vetiveria zizanioides), appartenente alla flora dell'India settentrionale dove è diffusa allo stato selvatico nelle pianure della fascia subtropicale e tropicale.


Un progetto dimostrativo dell'Unione europea conclusosi recentemente in Spagna ha confermato il grande interesse nell'uso di questa pianta anche nel nostro continente, per interventi di ingegneria naturalistica, ed esperienze sono in corso anche in Italia.
Molteplici sono gli utilizzi possibili del vetiver: si va dal consolidamento di scarpate autostradali e ferroviarie, alla protezione di argini di torrenti e fiumi, dal ripristino di cave, massicciate, pendii, miniere, al consolidamento di argini franosi di dighe.

Ma cosa distingue il vetiver dalle tradizionali piante impiegate nella difesa dall'erosione e in ripristini ambientali? Innanzitutto la lunghezza e la resistenza
delle sue straordinarie radici.
Dopo 36 mesi dalla messa a dimora le radici di vetiver possono superare i 6 metri mentre quelle della ginestra comune (pianta del bacino mediterraneo con la quale è stato fatto un confronto) non superano generalmente i 2 metri. Inoltre la resistenza alla trazione delle radici di vetiver è di 75 Mpa ( Mega-pascal), pari un terzo di quella di un acciaio di media qualità, mentre la resistenza delle radici della ginestra non supera i 20 Mpa. Un altro aspetto interessante è che la specie presenta due forme: quella selvatica, fertile, e quella coltivata, sterile o poco fertile. Quest'ultima, derivata per selezione artificiale da quella selvatica, ha infatti un potenziale di riproduzione per seme basso o nullo. Questo evita che la pianta si diffonda spontaneamente e diventi infestante.

Si deve aggiungere ancora che non solo l'uso del vetiver è un esempio di ingegneria ambientale a bassissimo costo, ma che la pianta può produrre reddito, attraverso la vendita delle radici che contengono un pregiato olio essenziale, utilizzato nell'industria cosmetica e negli antiparassitari.

Attualmente sono in corso in tutto il mondo numerosi progetti sull'uso del vetiver, dopo che la World Bank statunitense e la Commissione europeahanno individuato nell'impiego di questa graminacea una delle tecniche più promettenti per fronteggiare il grave problema dell'erosione dei suoli. In Italia Claudio Zarotti, ingegnere che ha collaborato alla realizzazione del progetto spagnolo che ha dato ottimi risultati, insieme alla socieà Iru di Milano, ha realizzato presso Pavia un vivaio sperimentale di piante di vetiver.
L'ingegneria naturalistica negli ultimi anni ha consentito di ampliare le applicazioni delle tecniche vegetali e di aumentarne l'efficacia. In Italia più di 30 sono le principali specie erbacee di graminacee (le cui radici hanno una resistenza alla trazione anche di 20-30 Mpa) adatte agli inerbimenti e altrettante specie di leguminose e appartenenti ad altre famiglie.

Più di 20 sono le specie erbacee acquatiche o riparie idonee per i recuperi ambientali alle quali si deve aggiungere una trentina di specie arbustive (resistenza alla trazione 100-140 Mpa). Sempre in ambito fluviale sono una ventina le specie arboree adatte a questo scopo (la resistenza di una copertura diffusa dei salici è per esempio di 150/300 Mpa).
Chi aiuta nel sottosuolo

- La robinia è una pianta estremamente aggressiva con un intrico di radici utilizzato per fissare il terreno privato dalla vegetazione e non stabile. Come qualsiasi «medicina» questo intervento ha le sue notevoli controindicazioni, infatti la robinia è così invasiva da non permettere lo sviluppo di altre piante.

- Il pino nero, o pino austriaco, date le sue scarse esigenze nutrizionali è utilizzato per coperture arboree in aree montane dove non crescerebbero altri alberi e prepara l'avvento di altre specie legnose.

- L'abete bianco, diversamente dall'abete rosso, ha radici a fittone che consolidano i terreni pendenti, come veri e propri pali infissi nel suolo. Il suo legno non è però pregiato e quindi, spesso con interventi inopportuni, è stato sostituito dall'abete rosso.

- Misture di graminacee e leguminose impiegate per il ripristino del manto erboso sulle scarpate stradali e sulle piste da sci.

- Salici, ontani, frassini, pioppi, farnie, olmi, carpini vengono piantati sulle rive dei corsi d'acqua. Nella crescita radici nuove sostituiscono quelle vecchie che quando muoiono arricchiscono di sostanza organica il terreno. Questo intervento di ingegneria ambientale nella zona asfittica prossima al fiume favorisce lo sviluppo di cosiddetti batteri anaerobici, cioè che vivono in assenza di ossigeno: più questi sono attivi e numerosi più le acque vengono depurate dagli inquinanti.

 

RADICI