EXPO, evento da raccontare

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una comunicazione visibile a tutti
L'articolo, di Andrea Kerbaker, è tratta dal <<Corriere della Sera>>


Tra le tante notizie catastrofiche, eccone finalmente una buona: Expo ha il commissario unico di cui aveva tanto bisogno. Ci sono voluti mesi, a causa dell'instabilità politica generale del Paese, ma alla fine la decisione è arrivata, presa dal nuovo esecutivo in un tempo davvero rapido. La scelta di Giuseppe Sala era in qualche modo obbligata; rendiamo comunque omaggio a una nomina capace di premiare una personalità che, al di fuori dello schema dei partiti, ha saputo lavorare con grandissimo equilibrio, apprezzato da tutte le parti in causa. Se Milano e l'Italia avessero più cittadini così, pronti a mettersi a disposizione delle istituzioni con lo spirito di servizio mostrato da Sala in questi anni, certo i problemi da affrontare e risolvere sarebbero meno gravi.


Al di là della legittima soddisfazione, da più parti, e dal management di Expo in particolare, si sottolinea la priorità numero uno: costruire senza indugi un sito adeguato alle attese, in grado di creare quella irripetibile vetrina di cui si sente parlare da anni, ma ancora non molto percepibile per chi osserva da fuori la manifestazione. Al contempo, va accelerato il processo delle infrastrutture da completare, un tema spinoso: se per alcune siamo già fuori tempo massimo, per le altre restano margini temporali strettissimi. Ovvio che gli organizzatori si concentrino su questi temi; non va però sottovalutato un altro aspetto, quello del rapporto con la comunità dei milanesi e dei lombardi, fino a oggi piuttosto trascurato. Finora, infatti, la comunicazione è parsa piuttosto monocentrica, diretta soprattutto ai vertici della città, alla Milano all'interno della cerchia dei Navigli. Lì sta la sede della società, lì le bandiere dei Paesi espositori e tutti i (pochi!) accenni alla manifestazione; li sono state organizzate quasi tutte le iniziative per presentare Expo.


Oltre la cerchia, salvo rarissime eccezioni, non c'è un logo, non un riferimento, non un richiamo, magari anche casuale: come se ogni cosa cessasse con le mura spagnole o appena più in là. Se si aggiunge che fino ad ora delle vicende di Expo si è parlato soprattutto per le polemiche politiche, non stupisce constatare che i milanesi comuni, oltre tutto alle prese con le fatiche della crisi, sentono ben poco la manifestazione. Per vederlo, basta fare due passi nei quartieri e ascoltare le opinioni per strada, sui tram o le metropolitane; e non ingannino recenti sondaggi basati su Twitter, strumento mediatico di moda soprattutto tra gli opinion maker, certa-mente non rappresentativo dell'opinione generale.


Quello della partecipazione non è un aspetto che si possa trascurare: per Milano, i 700 giorni da qui all'Expo rappresentano un percorso a ostacoli certamente superabile, ma a patto che tutta la città, al centro come in periferia, ne sia una testimone entusiasta, compatta e convinta. Il sindaco Pisapia ha vinto la sua contesa elettorale con Letizia Moratti anche perché ha saputo comunicare con efficacia le sue idee al di là del centro; e continuamente stimola i suoi assessori su questo fronte. Lo faccia anche con Expo, per far sì che davvero la manifestazione sia quel volano capace di incoraggiare, anche psicologica-mente, la ripresa di Milano e del Paese.