E per un giorno il rifugio antiaereo apre agli abitanti del quartiere San Siro

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Successo dell'iniziativa di Aler Milano che, con la collaborazione del comitato di quartiere San Siro, ha aperto a studenti e cittadini il bunker di via Civitali. L'articolo è tratto da <<Aler Milano>>

Durante la seconda guerra mondiale, Milano era ritenuta un importante obiettivo militare, essendo la più sviluppata città industriale d'Italia e una delle più rilevanti a livello europeo. Ovviamente, prima e durate il conflitto esisteva una mappatura dettagliata di tutte le principali realtà produttive di Milano e provincia, tra le quali spiccava la Isotta Fraschini, fabbrica produttrice di autotelai, motori aeronautici e marini.

Lo stabilimento era situato proprio all'interno del quartiere Aler di San Siro, ai tempi chiamato quartiere Baracca, in memoria di Francesco Baracca, pilota dell'aviazione italiana, medaglia d'oro della prima guerra mondiale. La presenza dei suoi impianti, utili in tempo di guerra per la produzione bellica, rese il quartiere molto colpito e bersagliato dai bombardamenti durante il conflitto, tanto che ancora oggi i bambini di allora ricordano il rumore, la paura e l'attesa estenuante dei bombardamenti.

Con l'aiuto, l'entusiasmo e il desiderio di trasmettere il valore di vecchi ricordi dell'attuale presidente del Comitato San Siro, Lucia Guerri, Aler Milano ha aperto per una mattinata il vecchio rifugio antiaereo all'interno del condominio di via Civitali, grazie anche alla disponibilità dell'amministratore. Un'iniziativa dedicata ai bambini delle scuole del quartiere che, guidati dalle nozioni dell'appassionato Simone Bianchi di Aler, hanno vissuto per alcuni minuti l'angoscia e l'ansia di chi rimaneva al sicuro nel rifugio, senza sapere cosa stesse accadendo qualche metro più su, solo in attesa che cessassero i bombardamenti. Dal cortile, si intravede il passaggio, oggi quasi ricoperto dal prato e dalle siepi, pochi scalini conducono alla porta del rifugio.

 

Basta un semplice gesto per aprire l'accesso ed essere proiettati in un corridoio lunghissimo rivestito di cemento, chiuso da un soffitto a volta, segnato dall'umidità, con lunghe panchine in muratura che tracciano due linee rette fino al fondo. Poche lampadine illuminano il pavimento umido e gli anfratti che fungevano da bagni, le lampadine si alternano ai fori collegati all'esterno per l'areazione. La luce non è molta, l'aria neanche e l'idea che quel luogo fosse gremito di persone strette per ore con la loro paura, toglie ancora di più il fiato, anche oggi che più di mezzo secolo ci allontana da allora.

Un posto davvero carico di significato, anche per i più piccoli che, in pochi minuti, in quello stretto e angusto corridoio, sono riusciti a riportare alla mente tutte le nozioni apprese soltanto sui libri, stimolando il loro interesse e sicuramente portando con sé un'esperienza concreta da aggiungere ai contenuti dei testi scolastici. Un'iniziativa sperimentale che sarà sicuramente ripetuta, utilizzando i beni del patrimonio Aler per coinvolgere gli abitanti e valorizzare i quartieri.