Lambro

Quel sabotaggio sa di segnale a centri di potere

il commento di Enrico Fovanna

COSA C'È dietro il sabotaggio dell'impianto che ha riversato nel Lambro due milioni e mezzo di litri di oli pesanti? Cosa nasconde il più grande disastro ecologico ai danni di acque interne ed ecosistemi fluviali nella storia d'Italia? Un semplice atto di vandalismo appare sempre meno credibile. Vediamo di capirci. L'onda dei veleni nasce a Milano, città che a fatica si è aggiudicata l'Expo sul tema «Nutrire il pianeta». Quasi umorismo involontario, se quel che si sta inoculando nella pianura padana non fosse un dramma. Il danno d'immagine è assoluto, ma nulla in confronto a quello dell'intero ecosistema, fino alle lande remote del Po.

Milano "Città d'Acqua"

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L’articolo di Rodolfo Ferrari è tratto da «Dialogando» (maggio 2013)

La crescita socio-economica iniziata negli anni ‘50, ha messo a dura prova l'assetto qualitativo-quantitativo dei corsi d'acqua milanesi tanto da sconvolgere il complesso schema idrologico che ne regolava le loro funzioni.

San Cristoforo

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Il ramo dell'Olona che passa da San Cristoforo sul Naviglio e termina in località Conca Fallata viene denominato impropriamente "Lambretto meridionale" in quanto va a congiungersi con il Lambro propriamente detto.
Si tratta dell'unico tratto in Milano - parzialmente interrato - che insiste esattamente sullo stesso percorso originario. E' possibile vederlo entrando in via Malaga, all'inizio del viala Cassala, sotto il ponte ferroviario di via Ludovico il Moro n. 1.

Catastrofi

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img134Immagine tratta da Il Giorno

Il Lambro, il Po e la nostra stupidità

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La chiazza di gasolio va verso l'Adriatico e la Regione chiede lo stato d'emergenza. Pretendiamo il benessere a tutti i costi, ma se fossimo onesti dovremmo vergognarci, sostiene Ermanno Olmi in un articolo sul Corriere della Sera del 25 febbraio 2010.

 

Io le ho viste le papere che volavano a pelo d'acqua sul Lambro. Due anni fa. Facevo delle riprese nell'area industriale dismessa della Falck a Sesto San Giovanni, dove tutt'intorno ai capannoni si estende una vastissima zona lasciata libera alla spontaneità della vegetazione.

Tanto che, in pochi anni, lungo le sponde del Lambro si è formata una barriera di alberi così fitta e intricata, con cespugli e rovi impenetrabili che proteggono la quiete del piccolo fiume. Addirittura, in qualche slargo erboso, piccoli acquitrini riparati da canne (che si chiamano col nome buffo di Mazzasorda) sono rifugio sicuro di aironi e fenicotteri che vengono a sostare e qualcuno addirittura nidifica.

Un territorio, questo, dove solo alcuni anni fa i mastodonti dell'Industria, con la baldanza di portatori della modernità, prendevano possesso delle terre agricole e per diritto in nome del progresso assoggettavano la Natura al loro primato. Non è passato neanche un secolo e i colossali altiforni di fuoco e ferro giacciono spenti nel mortificante abbandono dell'inutilità. Ed è stata proprio questa decadenza che ha generato un nuovo evento, questa volta non più programmato dall'uomo ma dal suolo medesimo che senza più oppressioni, abbandonato a se stesso, ha silenziosamente ricomposto le sue ferite e trovato l'armonia delle sua condizione primigenia.