Nell'albero si nasconde l'uomo

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L'articolo, di Alfonso M. Di Nola, è tratto dal Corriere della Sera del 27.12.92

In quasi tutte le culture umane l'albero è coinvolto nel gioco dei più vari valori simbolici, spesso fortemente differenziati, che tuttavia hanno indebitamente portato a credere che esso, isolato dai dati economici ed ergologici delle singole culture, possa esprimere e rappresentare, in senso assoluto, la manifestazione della potenza per eccellenza.

Ci si trova, così, in presenza di un errore interpretativo, che viene facilmente sfatato quando si osservi che le reti simboliche si aprono intorno a tipi sostanzialmente diversi di alberi, quali, per esempio, l'albero appartenente alla foresta o quello coltivato o quello fruttifero o quello sterile.

In questi limiti è subito possibile fare riferimento a un "Albero della Vita" che sorge nelle civiltà vicino-orientali, soprattutto in quelle mesopotamiche e cananeo-ebraica, nella quali viene immaginata una regione di beatitudine e pienezza vitale, che, ai primordi della storia dell'uomo, ha al suo centro un vegetale arboreo, di incerta definizione botanica. I suoi frutti e i suoi succhi concedono all'auomo lunfa vita.

In Egitto il sicomoro e l'albero ima, forse la palma da dattero maschile, divengono gli alberi di vita, dai quali i defunti traggono forza. Sulle pareti di un ipogeo di Tebe, il faraone Tumotsi III assume il latte da un albero, mentre diffusissima è la rappresentazione del Dio della scrittura e della vita. Thot, che iscrive sulle foglie di un albero con il nome della persona che sarà glorificata.

Nell'Epopea di Gilgamesh è fatta menzione di una pianta spinosa, grazie alla quale l'uomo ottiene il soffio della vita. Tale pianta si chiama "Il vecchio diviene giovane" e ha la capacità di rigenerare e ringiovanire chi la usa. A queste mitologie di popoli "superiori" corrispondono le credenze di molte popolazioni primitive: in Polinesia le foglie dell'albero nonu ridanno la vita ai morti nell'aldilà.
Anche diffuso, ma di diverso significato simbolico, è l'Albero Cosmico o asse del mondo, che, in un'immagine cosmologica che parte dalle popolazioni artiche della Siberia, giunge all'India e ad altri territori culturali. L'universo è rappresentato, in quest'area, quasi sempre a tre piani sollevati e sorretti da un asse colossale in forma di pilastro, di montagna, di albero o di fallo.

Presso gli altaici, i lapponi, i paleoslavi e goli ungro-finnici l'Albero del Mondo è al centro dell'esperienza degli sciamani, che salendo o discendendo lungo il suo tronco, nel corso della possessione, accedono al regno dei morti o individuano gli spiriti che hanno causato malattie a un individuo. Essi inltre salgono sulla chioma dell'albero, che si ramifica nel mondo celeste, e vi raccolgono le anime dei bambini che dovranno nascere e che sono deposte nei nidi tra i rami. E' strano che un tema mitologico, analogo, quello, cioè, dei nidi delle anime, sia presente nelle credenze ebraiche medievali.
Anche nel gruppo germanico grande rilievo è dao al frassino cosmico, yggdrasil, il cui temuto scuotimento annunzia la catastrofe fnale di un ciclo cosmico. Questo tipo di albero è notoriamente elemento essenziale nelle religioni dell'India, soprattutto come ficus religiosa, e può presentarci anche capovolto, con le radici nel cielo e i rami nel mondo infero.

Questi temi simbolici saranno in parte ereditati dal Cristianesimo. La croce del Cristo, nelle antiche scritture apocrife, è stata costruita con il legno degli alberi paradisiaci o con il legno che nasce sul Calvario dalla fossa in cui è stato seppellito il cranio di Adamo, e tocca, secondo una visione attribuita a Pietro, i cieli in profondità, elevandosi attraverso tutto lo spazio, albero singolare di salvezza, che gli inni dei primi secoli chiamano arbor unica.

Al di fuori degli incantesimi simbolici, l'albero diviene oggetto di un rispetto religioso nelle culture tradizionali e arcaiche, dove il suo abbattimento appare come un sacrilegio che deve essere espiato e che in ogni caso è una violazione, talvolta necessaria, dell'ordine cosmico. In altri termini la nostra vita, per le esistenze connesse alla costruzione delle case o all'alimentazione del fuoco a mezzo di tronchi di alberi, si fonda su un permanente sacrilegio, una rottura dell'equilibrio con il mondo vegetale.

Questa sensibilità, purtroppo dimenticata e sepolta dal mondo industriale, appare evidente nel rito romano cui ricorrevano, secondo Catone, gli agricoltori costretti ad abbattere le piante forestali per ottenere terreni per la coltivazione. Essi si discolpavano con gli dei della foresta da loro violata e offrivano un sacrificio espiatorio per liberarsi dalla colpa.