Ecco la copia "autentica" del Leonardo perduto

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In mostra al Quirinale la replica della "Battaglia di Anghiari" trovata in Giappone.
L'articolo di Salvatore Settis è stato tratto da <<La Repubblica>> del 28 novembre 2012

Torna alla ribaltala Battaglia di Anghiari di Leonardo: non però quella cercata invano nel Salone dei Cinquecento, ma la più interessante fra le copie del capola­voro perduto di Leonardo, la Tavola Doria. Già in proprietà Doria d'Angri tra Genova e Napoli, il prezioso dipinto, esportato clandestinamente nel 1940, è stato recuperato in Giappone dai Carabinieri. Esso aiuterà a capire quale fosse l'idea di Leonardo quando fu chiamato da Pier Soderini, gonfaloniere di Firenze dopo la cacciata dei Medici, a celebrare la fama militare della città per garantirne le frontiere e i commerci. Per lanciare l'immagine di una Firenze pronta a vincere ogni sfida si scelsero allora, fa­cendo convergere vanti artistici e gloria guerriera, due battaglie del passato: quella di Ca­scina contro Pisa (1364) fu affidata a Michelangelo, quella di Anghiari contro il duca di Milano (1440) a  Leonardo. Poteva essere un supremo santuario del Rinascimento, ma l'impresa fallì per errori e ri­tardi degli artisti e per le traversie politiche che travolsero la repubblica riportan­do in auge i Medici.

Leonardo doveva consegnare a feb­braio 1505 il cartone, «nel quale disegnò un groppo di cavalli che combattevano una bandiera, cosa eccellentissima e di gran magisterio» (Vasari); e lo stesso mese vi fu la prima parata del nuovo esercito fiorentino. Cominciò a lavorare sul muro il 13 giugno con in mente due pensieri: creare una composizione di nuovissima espressività, dove le passioni guerriere travolgessero lo spettatore, ma anche sperimentare una tecnica pittorica all'an­tica, ispirata da Plinio. Dipinse a olio, ma «d'una mistura sì grossa, che cominciò a colare, di maniera che in breve tempo ab­bandonò quella, vedendola guastare». Dopo un tal fallimento restava visibile ben poco, tanto che Vasari non ne parla e per descrivere la Lotta per lo stendardo si basa sul solo cartone; perciò non è credibile che, quando fu incaricato dal duca Cosimo di decorare il Salone, profanasse l'opera di un artista che ammirava tanto (già allora si sapeva come tagliare un mu­ro per salvare dipinti). La vana ricerca dei resti di Leonardo è stata dunque una "bu­fala", citata anche nel recente pamphlet di Tomaso Montanari (La madre dei Ca­ravaggio è sempre incinta, Skira).

Davanti a questo capolavoro mancato dobbiamo dunque ricorrere alla rico­struzione archeologica, combinando te­sti e monumenti: ed è qui che la Tavola Doria è essenziale. Essa va vista con le de­scrizioni letterarie, ma anche coi disegni preparatori di Leonardo che sopravvivono a Venezia, a Budapest e a Windsor, e con le numerose copie, fra cui uno schiz­zo di Raffaello, un disegno cinquecente­sco elaborato poi da Rubens e un rame di Lorenzo Zacchia, che testimoniano l'immediata attenzione per la strepitosa composizione leonardesca, con quegli «infiniti storciamenti e piegamenti delli componitori di tale discordia, o vo' dire pazzia bestialissima» (Leonardo). Il  qua­dro ora esposto al Quirinale ha alcuni particolari (come il «bestialissimo» guer­riero che col dito sta per accecare un ne­mico), rari altrove, che devono risalire a un'invenzione leonardesca. Non più vi­sibile da settant'anni, la tavola riaprirà certo molti interrogativi affascinanti, che il saggio di Louis Godart pubblicato da Mondadori in occasione della mostra dispone entro una mappa assai ricca.


Molto in questa tavola (ma non tutto) corrisponde alla celebre descrizione vasariana del cartone di Leonardo: «in essa non si conosce meno la rabbia, lo sdegno e la vendetta negli uomini, che nei cavalli (...). Un soldato, con la forza delle spal­le, mentre mette il cavallo in fuga, ag­grappa l'asta dello stendardo per sgu­sciarlo per forza dalle mani di quattro (...), mentre che un soldato vecchio con un beretton rosso gridando tiene una mano nell'asta, e con l'altra mena con stizza un colpo per tagliar tutte e due le mani a coloro, che con forza digrignando i denti, tentano con fierissima attitudine di difendere la lor bandiera». Insomma, una composizione mai vista, «alla vera luce moderna».

Per una Battaglia d'Anghiari che non vedremo mai (molto rumore per nulla, nel Salone dei Cinquecento), ecco dunque un'altra da vedere subito, e che anche se non di mano di Leonardo è comunque vi­cina alla composizione originaria e anello indispensabile per studiarne la genesi e la storia. Mentre qualcuno predica la priva­tizzazione dei nostri musei, esporre la Tavola Doria, ricordando Leonardo, in quel Quirinale che è la "casa degli italiani” è una bella mossa in controtendenza.
Per saperne di più: www.raffaellocortina.it, www.quirinale.it