Minacciati i boschi più antichi della Pianura Padana

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Le loro origini risalgono all'epoca preromana. Sono formati da querce, olmi, tigli e acquitrini.
L'articolo, tratto dal <<Corriere della Sera>> del 28 aprile 2002, è di Massimo Spampani


Dal Piemonte al Friuli si riduce sempre più la superficie delle «foreste planiziarie». Ormai restano solo ottomila ettari e ospitano specie uniche.


Sono «isole verdi» immerse nel «mare» delle monocolture agrarie, accerchiate dai grandi agglomerati urbani, dagli insediamenti industriali e dall’esteso reticolo di vie di comunicazione. È questa l'immagine restituita dai satelliti di quel poco che rimane dell’antico mosaico intricato di foreste di querce, olmi, tigli e di acquitrini che caratterizzava la Pianura Padana all’epoca preromana.


Ma questi testimoni di antiche vicende naturali e umane che ancora oggi ospitano popolamenti faunistici unici al mondo, rischiano di scomparire del tutto. «Oggi dal Piemonte al Friuli sono rimasti solo circa 8000 ettari di querco-carpiteti – spiega Franco Mason, responsabile scientifico del Centro nazionale per la biodiversità forestale del Bosco della Fontana, in provincia di Mantova – e nel complesso non sono più di un’ottantina, come emerge da una prima lista preliminare, queste formazioni forestali isolate tutta la pianura padano-veneto-friulana». Se le più importanti di queste foreste come ad esempio il Bosco delle Sorti della Partecipanza, a Trino Vercellese, quello della Mandria , in provincia di Torino, il Bosco della Fontana, o i boschi di Muzzana in Friuli, raggiungono a malapena qualche centinaio di ettari, il più delle volte formano boschetti di solo qualche ettaro, come il caso emblematico di Carpenedo con lo stridente e penoso sfondo della tangenziale di Mestre che nel 1774 ai tempi della Serenissima era di oltre 100 ettari e oggi è ridotto a due.


«Nella grande maggioranza dei casi – continua Mason – siamo quindi ben al disotto di quella che viene definita tecnicamente Area Dinamica Minima (che in prima approssimazione si può ritenere di 200 ettari) con le popolazioni animali e vegetali esposte a un fortissimo rischio di estinzione locale.


Se è pur vero che i boschi più importanti sono protetti in ambito statale o regionale, quel che è peggio è che se non si procede rapidamente a un censimento su base catastale di tutte queste aree (molte appartenenti ai privati né censite né protette) vi è il rischio che esse scompaiano gradualmente e inesorabilmente». Ma questi lembi boschivi costituiscono un grande patrimonio ambientale.
Le specie di invertebrati sui soli 230 ettari di Bosco della Fontana sono 1750, delle quali 50 nuove per l’Italia, e 3 nuove per la scienza. Le specie di uccelli sono 102, 6 quelle di anfibi, 9 di rettili, 24 di mammiferi.


«Se queste arnie rare e specializzate sono arrivate a noi nonostante l’isolamento e la frammentazione di tali aree – aggiunge ancora Franco Mason, uno degli autori del libro Le foreste della Pianura Padana, un labirinto dissolto curato da Sandro Ruffo e edito dal Ministero dell’Ambiente e dal Museo Friulano di Storia Naturale – si può ipotizzare che 200 ettari rappresentino la soglia minima per il mantenimento delle popolazioni di piccole faune di uccelli, piccoli mammiferi e invertebrati che formano in definitiva i numeri della biodiversità. È dunque evidente l’enorme valore naturalistico dei querco-carpiteti».


Le problematiche più gravi dei boschi planiziari, oltre all’isolamento e alla superficie troppo limitata, sono anche la semplificazione strutturale (originariamente questi boschi erano variamente stratificati e regolati da complesse dinamiche), e l’introduzione di specie estranee.