«Un luogo che resta scritto nel cuore»: Stendhal e Cantù a bocca aperta

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ERBA (Como) - LA CASCATA della Vallategna segna il confine fra i comuni di Asso e Canzo, ma delimita anche la fine della Brianza e l'inizio della Valassina. E formata dal torrente Foce, che, subito dopo la cascata, sfocia nel Lambro. La sua bellezza è documentata dal racconto che ne fanno alcuni importanti letterati che nei secoli passati l'hanno ammirata e poi raccontata.

I1 25 agosto 1818, lo scrittore francese Henri Beyle, più conosciuto come Stendhal, con l'amico Vismara, arrivò ad Asso e rimase stupito dalle buone maniere di una signora che non si aspettava di incontrare «in un piccolo buco». Dalle memorie scritte nel suo «Viaggio in Italia», si sa che si soffermò a parlare della Vallategna, del Ponte Oscuro e di un tentativo teatrale.

«Non è la cascata di Vallategna il culmine estremo settentrionale della tua Brianza... il confine tra Brianza e Valassina è fluttuante non è un luogo definito, nè quella cascata e nemmeno quelle colline, ma è scritto nel cuore e non si cancella», lasciò scritto il più italiano di tutti gli scrittori d'Oltralpe.
Esattamente quarant'anni dopo, un altro uomo di lettere, questa volta italiano, apprezzò le bellezze della cascata.

«Uscendo da Canzo — scrisse Cesare Cantù nel 1958 —, ammiri la cascata della Vallategna, le cui acque, scolo della Val Brona e Val Vicino, balzanti a picco da erta rupe in forma di schiuma la cui bianchezza trae rilievo dalla folta verdura dei margini, spruzzano i viandanti, su a cinquanta passi di distanza e rallegrano l'estate coi colori dell'iride, l'inverno coi gli scherzi del gelo. Non le tolse ogni bellezza l'essere utilizzata a mover il grande torcitoio di Verza che le sovrasta. Non avrà buttato, il tempo chi salga a visitar l'acquedotto, da cui gettasi un'altra cascatella con curva ancor maggiore: e ammirato il bel filatoio, si può scendere per bel giardino all'inglese fin alla filanda che è in piano, ricca dei più moderni raffinamenti».