«Sotto la Certosa scheletri coperti d’oro»

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Alla ricerca del tunnel sotterraneo con due superstiti della spedizione del ‘56
L’articolo, di Anna Mangiarotti, è tratto da «Il Giorno» del 6 luglio 2008

Albino Paesi, detto Lino, è uno di quei personaggi che possono stare dentro una favola. Perché è cresciuto con davanti agli occhi la Certosa di Pavia, così bella che abbaglia anche l'immaginazione: «Ci venivo tutti i giorni e non mi sono mai stancato, dice adesso che ha quasi settant'anni, la barbetta bianca, e ancora crede che la misura della speranza sia l'avventura. Come a sedici anni, quando gli capitò di viver-la nella forma più audace: la caccia al tesoro. Un tesoro di cui tutti parlavano, nei paesi dell'antico dominio visconteo. Nascosto nel fantomatico passaggio sotterraneo lungo cinque miglia - segnato a intervalli regolari da cascinali fortificati - che andrebbe dal Castello di Pavia alla Certosa.


I BUNKER rifugio di principi in fuga sono più reali che ideali. Plausibili in un sistema difensivo. A Lodi stanno diventando un'attrazione turistica, con tanto di benemerenza civica conferita agli Indiana Jones locali, che si sono dati da fare a riqualificarli, permettendo ai residenti urbani di purificarsi dalle radiazioni: secondo gli esperti di magnetismo, sarebbe questo il vantaggio di stare un po' sottoterra. Ma la notte del 23 agosto 1956, quando Lino e tre amici cercano, in una torre, la botola di accesso al tunnel dei Visconti, la gente ha appena scoperto la tivù e guarda «Lascia o raddoppia». E i ragazzi pensano di compiere indisturbati l'impresa.

PER DIPANARE il filo della storia, si deve ritornare proprio lì, a Borgarello, alla torre della Colombina, la cascina così amata da Gian Galeazzo Visconti da attribuirle il nome del proprio emblema araldico. E tuttora attrezzata di magica, freschissima fonte celtica. Tra leggende e cronache del territorio, si muove con disinvoltura il fondatore della casa editrice Liutprand, Alberto Arecchi, autore de «Il Tesoro dell'Antipapa nei sotterranei segreti della Certosa di Pavia». E lui a fare da guida nel sopralluogo. Punto di partenza un capannone senza insegna, lungo il viale che conduce alla Certosa, la bottega dove il Lino restaura mobili, ultimo erede di sapienti artigiani al servizio di monaci e messeri. Gli chiediamo di accompagnarci alla Colombina: «Sì, subito».

Non ci sono più i compagni di allora, Renato Rustioni, Giuseppe Tessera detto il Pepp, e il biondino Franco Fozzati che li aveva convinti: «Ci mostrò una cartina, c trovata forse nel cantiere del Castello di Pavia, ex-caserma austriaca e sabauda, tra rottami e mobili in disuso.

Erano segnati anche i trabocchetti e le celle di una catacomba, con gli scheletri ricoperti di tiare d’oro e gioielli». Sparita la mappa. Sparito il biondino, arruolatosi nella Legione Straniera. Resta l'arte del Rinascimento per identificare almeno la qualità del tesoro immaginato dalla fantasia popolare. Una pala dipinta nel 1491 dal Bergognone, conservata alla Certosa, mostra San Siro e due vescovi vestiti di perle e pietre preziose. La fantasia di Arecchi, nel romanzare la vicenda, si è invece indirizzata verso l'Antipapa Alessandro V, il francescano Pietro Filargo, diventato arcivescovo di Milano nel 1402, con il favore di Gian Galeazzo Visconti, e pontefice nel 1409. Ci può stare benissimo nell'incastro di quei tempi splendidi e scellerati.

TRA ALTRI DUE papi rivali, labili leghe, capitani di ventura doppiogiochisti, veleni, pugnali, e il duca di Milano, fondatore della Certosa nel 1396, che vuole diventare re d'Italia e ha tutti contro, compresa la peste. Rivendicando il ducato in nome di Valentina Visconti, figlia di Gian Galeazzo, la bellissima «strega lombarda» maritata a Luigi
d'Orléans, scenderà infine a combattere la battaglia di Pavia, nel 1525, Francesco I re di Francia. Gli serviranno l'improvvisata «zuppa alla pavese», mentre è prigioniero alla cascina Repentita.

Anche qui i cacciatori del tesoro si erano introdotti, fermati dalla frana in un condotto. Perciò decidono di scalare la torre della Colombina, il cui interno - ben conosciuto dal Lino che seguiva il parroco nelle benedizioni pasquali - corrisponde misteriosamente al disegno della mappa. Lì sono fermati dai carabinieri, chiamati da una fanciulla che non guarda la tivù (aspetta il moroso) e nota le ombre sul tetto. Per scoraggiare ulteriori spedizioni di figli adolescenti, che rischierebbero non solo il ridicolo, i contadini della zona hanno murato le cantine. Ma Arecchi sospetta che, dopo la pubblicazione del suo libro, chi può penetrare sotto la Certosa abbia ripreso le ricerche: «La storia non è chiusa. In foto satellitari ho trovato tracce. E un georadar rivelerebbe il passaggio segreto. Il tesoro vero». O verosimile.