Von Hildebrand. La religione, filosofia contro la modernità

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Pubblicato su <<Il Giornale>> del 27 ottobre 2003

Dietrich von Hildebrand (1889-1977) è un filosofo anomalo nel panorama del Novecento. Nato a Firenze nella famiglia colta e liberale dello scultore tedesco Adolf, mostra fin da giovane una spiccata attitudine per il pensiero. Quando consegue la tesi di dottorato il suo celebre relatore, Edmund Husserl, ricorda come il talento artistico del padre sia stato ereditato dal figlio «nella forma di un genio filosofico». Nonostante un inizio tanto promettente e una proficua attività durata per tutta la vita, sovente von Hildebrand non è annoverato tra i grandi pensatori del suo tempo. Nel nostro Paese, solo da due anni e per merito delle scelte inconsuete di Bompiani, ha avuto inizio la traduzione delle sue opere. Dapprima è uscito Che cos'è la filosofia?, ora è il turno di Essenza dell'amore (a cura di Paola Premoli de Marchi, pagg. 1040, euro 30, testo tedesco a fronte), sorta di opus magnum di un filosofo distante dai temi prediletti dei maître à penser del suo tempo.

 

Seguendo il filo delle sue riflessioni troviamo una chiave di lettura della realtà di una modernità sorprendente. Ricordato tra i padri della fenomenologia realista, riconducibile alle prime ricerche di Husserl ma poi portata avanti da pensatori come Max Sheler, Edith Stein e Adoff Reinach, von Hildebrand indaga la realtà partendo dalla realtà stessa.

Il suo metodo analisi percorrere via opposta a quella dello psicologismo e del trascendentalismo, che pongono nel soggetto, e non nelle cose, i criteri della verità. Tuttavia, non è certo la perfezione del metodo a convincere, nella riflessione hildebrandiana. Sono gli argomenti e il punto di vista a rendere attuale la sua filosofia. Doveva essere un uomo speciale, von Hildebrand, se ai tempi in cui la speculazione imbocca una strada cieca, inadatta a indagare il senso della vita oltre la morte, sceglie di abiurare dalla fede protestante in forma pubblica per aderire al cattolicesimo. Mentre la cultura dominante oscilla tra collettivismo o individualismo, tra psicoanalisi e relativismo, teorie della scienza e tentativi razionali di dimostrare l'esistenza di Dio, egli cerca la verità nella filosofia della religione e in una privata forma di antropofogia, al cui centro c’è un uomo capace di conoscenza metafisica. Quando la cultura dominante getta dalla finestra la teologia, egli studia i Padri della Chiesa.

In Essenza dell'amore troviamo trasfigurar l'etica cristiana, in cui il sentimento naturale, di amore sponsale e di amicizia, è, al pari di quello soprannaturale per Dio, un dono di sé un desiderio di unione con l'amato. Non era trascorso molto tempo da quando Sigmund Freud aveva descritto l'amore tra l'uomo e la donna «un istinto sessuale sublimato». Una teoria che von Hildebrand rigetta, poiché rea di capovolgere la relazione tra corpo e anima in una riduzione «verso il basso». L'amore, ricorda altrove il filosofo, «non è un'invenzione dei poeti, ma un tremendo fattore nella vita umana fin dall'origine della storia dell'umanità, la fonte della più profonda felicità nella vita umana terrena». Von Hildebrand sposta l'attenzione verso la sfera privata dell'essere umano, considerandolo dotato di un'anima e dunque della facoltà di cogliere l'inesprimibile. Sana la frattura tra eros e agape ricordando che non vi è contrapposizione tra amore naturale e soprannaturale, e che anzi il secondo è in grado di portare a compimento il primo. Antinichilista, lascia ai posteri un pensiero di straordinaria solarità, in aperta polemica con quanti si erano affrettati a decretare la morte di Dio, e con esso della metafisica e dell'amore.

Claudia Gualdana