Qui Leonardo: Una illuminante corrispondenza

Versione stampabileSegnala a un amico

A - VISOa.jpgA farsi latore delle lettere di Leonardo, e ad aspettare le relative risposte, è Salaì (a fianco un probabile ritratto in CA F 118 V). E', semmai ce ne fosse ulteriore bisogno, la conferma del ruolo particolare occupato dal giovane nell'ambito della ristretta "famiglia" di Leonardo. La missione è infatti di quelle molto delicate e riservate.

b.jpg A Milano Leonardo si fa precedere da lettere inviate, tra gli altri, anche al governatore francese Charles d'Amboise (nella figura la minuta in CA f 872 r). Annuncia di aver messo mano a due quadri con Madonne e chiede un intervento presso la sovrintendenza alle acque perché gli riconosca certi privilegi concessigli da Luigi XII sul Naviglio di San Cristoforo. Le lettere sono, sul piano della sostanza, ben redatte nel mescolare offerte di capolavori e richieste di favori. A portarle (e a recare le risposte) sarà il fidatissimo Salaì.

C LeoLa causa intentatagli dai fratellastri per l'eredità dello zio Francesco(alcuni beni a Vinci, il paese in cui il maestro è nato e cresciuto) costringe Leonardo a rimanere più del previsto a Firenze. Quando tutto si risolve egli, prima di prendere la via di Milano, si preoccupa di trovare ogni cosa a posto nella città occupata dai suoi amici francesi. Oltre che al governatore, scirve anche sovrintendente alle acque (in CA f 1037 v) per rientrare in possesso di certi suoi privilegi. Il desiderio di lasciare finalmente Firenze traspare chiaramente.


7bis2a

Con un abile sistema di compensazioni e bocchelli, il naviglio a S. Cristoforo venne sistemato e reso finalmente produttivo. A Leonardo spettava, come promessogli, un diritto "su dodici once d'acqua"; reddito all'epoca definito"invidiabile". E forse proprio per invidia, il pagamento restò sulla carta. Gli toccò scrivere più volte per poter riscuotere. Ci riuscì molti anni dopo, e con fatica.

La causa intentatagli dai fratellastri per l'eredità dello zio Francesco (alcuni beni a Vinci, il paese in cui il maestro è nato e cresciuto) costringe Leonardo a rimanere più del previsto a Firenze. Quando tutto si risolve egli, prima di prendere la via di Milano, si preoccupa di trovare ogni cosa a posto nella città occupata dai suoi amici francesi. Oltre che al governatore, scrive anche al sovrintendente alle acque per rientrare in possesso di certi suoi privilegi. Il desiderio di lasciare finalmente Firenze traspare chiaramente.

Il vero soggetto del Cenacolo

Fu certo il Moro a suggerire il tema del tradimento per l'Ultima Cena. Di solito si poneva l'accento sull'istituzione dell'Eucaristia. Giuda lo si metteva dall'altra parte del tavolo, di spalle; oppure lo si connotava con l'aureola nera. Leonardo invece lo integra nella figura di Pietro. La testa buia del traditore diventa l'ombra di quella maestosa del primo Apostolo. È già il concetto di Doctor Jekyll e Mister Hyde, con un'allusione forse alla simonia -vendita di cose sacre -, e la cosa più preziosa l'apostolo Giuda l'ha già venduta quella sera. In mano stringe il sacchetto di monete, lo sguardo si dirige fuori della finestra, dove due soldati si stanno giocando gli abiti del Cristo. Il futuro irrompe come presagio nel Cenacolo. Poco oltre, un grosso pesce - la mitica balenache inghiottì Giona? - si arena tra onde e spruzzi. L'acqua continua nella seconda finestra, dietro Gesù. Un fiume serpeggia tra un roccione dove sorge un castello, e le mura di cinta di una città. La serenità del tramonto sfuma sull'espressione tristissima di Cristo. La vita e la fiducia sono perdute a causa di un tradimento (e così sarà per il Moro). Queste scene misteriose e coinvolgenti non esistono più, perse tra i restauri centenari, ma la benemerita "scrittura di luce", la fotografia, anzi le prime fotografie conosciute dell'opera, le documentano e ce le tramandano per quanto sbiadite.

La mano di Gesù si leva ad incontrare quella di Giuda sul piatto fatale; in mezzo, le mani intrecciate di Giovanni in muta preghiera contro l'ineluttabile.

2leo

2bis_leo

Le finestre del Cenacolo, aperte sull'immaginario collettivo

Attraverso le copie dei contemporanei, conosciamo le linee generali delle vedute rappresentate nelle finestre del Cenacolo. Come su di uno schermo, le varianti si susseguono nei secoli con l'affievolirsi della pittura e la comparsa di macchie e abrasioni. - Già nelle prime copie del Giampetrino (Giovan Pietro Rizzoli)(A), di Cesare Magni (B), di Marco d'Oggiono (C) gli scenari delle finestre - in particolare quella a sinistra - mostrano alture digradanti verso un lago, con pini e minuscole figure, oppure un primo piano dominato da un albero enorme, oppure lontane catene montuose, mentre le incisioni preferiscono forme compatte, come palazzi e chiese.

- Nell'ultimo secolo, le fotografie in bianco/nero e a colori documentano invenzioni ex novo, poiché ormai i restauratori "inseguono" ciò che resta di tutti i precedenti tentativi, creando forme di sintesi che raccolgono anche suggestioni bibliche, molto lontane dalle indicazioni originarie.
Nella seconda metà del Novecento appare in primo piano ciò che sembra una "contesa della tunica" tra soldati romani (oppure una "pesca miracolosa" con gli apostoli che tirano una rete sulla riva di un lago?), mentre in campo medio si delinea una grossa forma che ricorde un "ictius" (pesce), noto simbolo cristiano. (D)

-Il restauro definitivo ha preferito eliminare le incrostazioni pre cedenti, cancellando ciò che non era possibile identificare con precisione, lasciando così il solo profilo dei monti. (E) Da questi scende la luce a illuminare il manto scialbato di Giovanni, le cui mani incrociate non sono più purtroppo, perfertamente leggibili,confondendosi con le vettovaglie sul tavolo.
A parere di chi scrive, queste importantissime mani per la storia dell'Arte meritano un intervento mirato dato che"filologicamente"non sono più identificabili come tali ma ingenerano l'errore di porsi come cestini o pagnotte. Le linee di struttura ci sono ancora e possono essere recuperate. E. Franco

3A

Un esempio di tali facies lo vediamo nella prima opera di Leonardo, l'Angelo del Battesimo di Cristo (bottega del Verrocchio); è nel riflesso della roccia, appena sopra la testa del secondo angelo, come terzo nunzio latente. L'angelo della Passione e Morte di Cristo, il "presagio oscuro della Croce".

5bis2_leo ANTROPOFORMISMO IN LEONARDO: Gli angeli hanno un doppio volto spirituale di contrappunto che sembra echeggiare un messaggio segreto: il destino sacrificale di Cristo?

5leo Giovanni ci ricorda l'angelo efebo di Leonardo nel "Battesimo" del Verrocchio, quel mantello in funzione analoga, che scivola nel Giordano accanto ai piedi di Cristo (pag. 8)

5bis_leo Un esempio di tali facies lo vediamo nella prima opera di Leonardo, l'Angelo del Battesimo di Cristo (bottega del Verrocchio); è nel riflesso della roccia, appena sopra la testa del secondo angelo, come terzo nunzio latente. L'angelo della Passione e Morte di Cristo, il "presagio oscuro della Croce". (pag. 21)

Sono originalità come queste cha hanno fatto elucubrare su di un Leonardo esoterico. Ma il genio teneva invece tutto sotto controllo: anche se questa leggendaria, e per alcuni versi incredibile personalità, mentre passano i secoli, sempre più sembra l'ispiratrice del mago Prospero nella Tempesta shakespeariana.

"COMUNICAZIONE CRIPTICA" (Selettiva)

6_1fig

Uno dei capolavori di Holben, Gli ambasciatori. L'incomprensibile figura che si trova in primo piano (sotto nel particolare) è il più celebre esempio di namorfosi. Vista nel modo giusto essa mostra un cranio, un'allusione simbolica.

6fig_leo

L'anamorfosi può sembrare (e per certi versi è) nulla più che un gioco artistico, non fosse che si tratta di una speciale tecnica di distorsione prospettica grazie alla quale si può cogliere compiutamente il senso di un'immagine solo se la si guarda da un unico e decentrato punto di vista. Piuttosto trascurata in Italia, ebbe molta fortuna nel Nord dell'Europa, e il suo massimo sviluppo nel Seicento a opera di Jean-Francois Niceron, un francese che visse tra Parigi e Roma. Tutto questo non è forse casuale: dopotutto Leonardo (che fu, con Piero della Francesca, uno dei pionieri dell'anamorfosi) visse i suoi ultimi anni proprio in Francia.