Non capiamo più la nostra civiltà

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Un interessante contributo programmatico e critico del Prof. Andrea Carandini sul futuro dei nostri beni culturali. L'articolo è tratto da Il Giornale di gennaio 2010.

"Città e campagne sono fiumi di storia che scorrono nell'indifferenza: e' una questione nazionale"

Ignoranza di ritorno, cementificazione, mancanza di fondi: l'allarme dell'archeologo per l'Italia e il suo patrimonio millenario.

Le città e i paesaggi sono fiumi di storia che scorrono e vi dovremmo distinguere le varie civiltà. Ma nel frattempo le arature profonde distruggono. Intere città antiche sotto campi di grano svaniscono per gli scassi. Una fattoria antica, di cui ieri scorgevamo i reperti tra le zolle, oggi non lascia traccia. Così Pompei cala centimetro per centimetro, in grande parte inedita, fino a quanto non resterà che polvere. Non è il muretto, il singolo reperto a preoccupare: è il tutto neppure documentato.

Senza una campagna di racconti di insediamenti e di terre come quella che sta conducendo la Regione Toscana - ha offerto a cittadini fotografie aeree per scoprire palinsesti e progettare vite future - senza musei delle città e dei loro agri, senza trasmissioni televisive che narrino i luoghi facendoci scoprire come eravamo, senza mostrare la storia, gli Italiani rimarranno analfabeti della grande 'totalità del reale, dell'identità stratificata della loro patria e di loro stessi e sempre più si dedicheranno narcisismo avido, irregolare e amorale, che è il vizio di questo tempo.


C'è una fame straripante di racconti che derivino da ricerche, ma l'offerta resta limitata e il ministero per i Beni culturali riceve solo poco più della metà della somma che è stato in grado di spendere.

La cultura delle cose visibili è una droga benefica che il cervello si fabbrica, che ci riporta, dopo tanta distrazione, al gusto dell'attenzione. Il nostro Stato è ancora ragazzino, ma siamo nati su un suolo che non è l'Arizona ma un Eldorado di esperienza umana millenaria. Qui si radica la nostra identità, fatta di apporti diversi, di strati sovrapposti, di luoghi sommamente e densamente significativi, ammirati dai popoli del globo, tutti raccolti nella nostra Penisola e nelle sue Isole.

Basta col trasformare campagne in periferie pseudourbane. E' il momento di tradurre la cronaca morta in storia viva che sappia formare e affascinare i cittadini e coloro che vengono da lontano. E' una questione nazionale, importante, quanto la scuola e la salute.