"Per Expo subito una mappa dei musei" Galimberti: Anche con l'arte si fa business

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l consigliere dei collezionisti dice la sua sull'Esposizione universale: bisogna attirare i giovani 
L'articolo di Gian Marco Walch è tratto da <<Il Giorno>> del 26 novembre 2013

«Una mia idea per l’Expo? Un gabbiotto dentro il quale un tizio racconta come si può costruire una ragnatela culturale, una rete dei musei italiani. Guardi, potrei anche essere io, quel tizio. Gratis. Peccato che nessuno mi chiamerà. Anzi, sono sicuro che non metteranno neppure il gabbiotto». Professionista dalle idee chiare, e che non le nasconde dietro il velo del “politically correct”, Guido Galimberti. Laurea in Cattolica, Galimberti ha fondato prima Acropolis Finance, poi Primato Milano, nel 2007 Opera Art Solutions, una società di «art advisoring».

Galimberti, chi è un «art advisor»?
«Letteralmente un consigliere, che dovrebbe gestire i denari altrui meglio di come può fare chi glieli affida. Anche nel mondo dell’arte. Io ho seguito le orme di mio padre: lui iniziò a collezionare opere nel 1957, io nel 1974, primo acquisto un Warhol. Sono un collezionista, ho una cattedra universitaria a Lugano, e fornisco consigli ai collezionisti».

Ruolo difficile, in un mercato, come quello italiano, se non ambiguo, almeno complesso. Quanta gente si è fatta sedurre da emergenti che oggi non valgono un euro…
«Il fatto è che noi siamo un popolo strano, bravissimo nello svalutarsi. Gianni Bertini, uno che ha anticipato Rauschenberg, noi l’abbiamo tenuto nei cassetti. E c’è gente disposta a spendere un milione e mezzo per un Fontana, ma che sia rosso e con i tagli: se è blu con i buchi, vale un terzo».

Italia, terra di bellezze. L’arte è una carta vincente per l’Expo?
«Lo sarebbe certamente. Basterebbe come prima cosa metter mano a una rete museale, come si fa in tutto il mondo. Fare comunicazione. Produrre una mappa dei musei per i turisti. Assumere ragazzi che raccontino e spieghino, non persone che sono lì solo per lo stipendio. E fare in modo che un museo attragga i giovani. Se fossi il direttore artistico di Expo, queste sarebbero le mie linee».

E i soldi? Quanti anni abbiamo atteso il Museo del Novecento?
«Ma non servono fondi enormi: basta non buttarli via, i soldi. E, subito, far saltare il tappo».

Mi scusi: quale tappo?
«Quello che rende la situazione oggi drammatica. Quello che impedisce la soluzione di ogni problema. Occorre correre dei rischi. Ma finchè tutti badano alle loro poltrone e poltroncine…».

Mentre all’estero…
«Altra storia. Quando il British Museum voleva allestire una mostra su Ercolano e Pompei, sono andati a Pompei, appunto. “Noi non prestiamo”, si sono sentiti dire. Ma con i pezzi tenuti in quelle cantine se ne montano trenta di musei. Arabi, russi, coreani sono pronti a investire da noi: basterebbe dar loro le nostre opere in comodato oneroso. Un quadro si può trasformare in denaro».