Eid-Olon - capitolo 2

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Dove il Presidente, per tagliare la testa al toro, si reca ad investigare sul posto

Invece la questione andò per le lunghe. La ragazzina non sapeva niente. Anzi suo padre, uno stimato veterinario con l'hobby della pittura e della fotografia, arrivò ad offendersi, minacciò denunce, sostenendo che lui personalmente aveva sviluppato e stampato le foto della figlia. Infine consegnò in sede il negativo affinché lo esaminassero pure con comodo.

Il Presidente decise allora di risolvere senza indugi la faccenda, perché i giudici parlavano con le associazioni di cui erano referenti, suscitando le più disparate accuse d'incompetenza, isteria, allarmismo e perfino truffa. Una tempesta in un bicchier d'acqua! Si recò alla cascina Palazzo di S. Cristoforo, un ex convento, dov'era la bottega di un corniciaio che conosceva bene. Era costui un tipo tranquillo, ma geniale a suo modo. Sotto gli occhi e fra le mani gli erano passate migliaia di tele. Fossero croste o capolavori, il suo lavoro era stato sempre a regola d'arte; la referenza professionale di cui andava più fiero. Inoltre lo si poteva considerare la memoria storica del borgo, perché ne sapeva tutto, e lo raccontava volentieri. Mostrava un gran camino dismesso, dipinto con simboli marinari, che si diceva celasse un mistero; forse proprio da lì le suore potevano raggiungere nottetempo la chiesa per un passaggio segreto sotto il naviglio, senza uscire dal convento-Palazzo.

Però c'era una diversione del corridoio sotterraneo che girava ad ovest e si diceva sbucasse nelle cantine della "Villa dei Pesci", la casa di un nobile parente della Superiora.

Il corniciaio ascoltò il Presidente con pazienza, ma non sembrava coglierne gli scrupoli. Se non c'era stata manipolazione, qual'era il problema? Non fece una piega neanche davanti alla foto. "Sono loro". Dichiarò esser cosa nota e risaputa che questa era la terra dei corpi santi, l'ultima residenza dei milanesi, fin dalla preistoria. Qui dunque le anime pullulavano quanto e più che nelle cripte dei castelli inglesi. San Cristoforo era luogo di apparizioni. Esisteva una casistica enorme sui personaggi-fantasma che popolavano il borgo, ora in veste da suora (e passava e ripassava all'ombra di solai, terrazzi, porticati), ora di donna comunque velata (si faceva dare passaggi, dicendo che doveva andare oltre, oltre, al di là, e una volta un povero tassista che l'aveva presa su nottetempo, avuta l'impressione, guardando dietro dallo specchietto, che il pesante velo nero fosse vuoto all'altezza della mandibola, fermò il taxi, e restò di sasso: era sparita!).

C'era poi un pescatore (si dice che tirasse su cose stranissime, riponendole in una sua cesta di fattura antiquata), ovviamente c'era un prete, c'era poi un tizio che girava vestito da Tarzan, ma forse era un matto in carne e ossa, perché scompariva tuffandosi improvvisamente nel fiume, qualche volta anche nel naviglio.

Infine - come no - c'era un pittore che scrutava dentro nell'acqua e dipingeva cose solo a lui visibili: ecco forse i suoi quadri assomigliavano alla foto della bambina. Erano volti belli o brutti, realistici, espressivi come disegni davinciani (il corniciaio si chiedeva se Leonardo, gran conoscitore di queste acque, non avesse proprio da certe visioni, più che dalla nebbia milanese, tratto l'ispirazione per la sua tecnica meravigliosa dello sfumato). Intanto la gente s'era abituata a vederlo apparire-sparire col suo armamentario. "Tel' lì el pittur, in postazione".

Il Presidente non poteva perdere altro tempo con una teoria che non gli risolveva il problema. Perciò se ne tornò in sede, dove diramò fax e fonogrammi di covocazione a tutti i componenti della giuria, per concludere a maggioranza sulla questione e procedere senz'altro ad assegnare i premi.